CATERINA NANNI
Le sculture di Caterina Nanni sono ottenute dall’assemblaggio di scarti elettronici e altri materiali di recupero: piccoli componenti di apparecchi “fuori uso”, parti meccaniche, pezzi raccolti per strada, oggetti dimenticati nei cassetti. Cose inutili, scarti, ma anche frammenti di vita e ricordi. Soprattutto, una varietà infinita di forme. Le opere, per lo più a carattere figurativo e di piccole dimensioni, sono tutte pezzi unici. Le tecniche di esecuzione sono imprevedibili e variano a seconda dei materiali utilizzati, passando quindi dal montaggio meccanico alla brasatura, dalle legature con fil di ferro all’utilizzo di resine sintetiche.
DONATELLA LIBERAMENTE – “DACCI UN TAGLIO”
Uno sguardo ai capelli. Tutto inizia dalla possibilità di prendere contatto con le persone attraverso la capigliatura. Incuriosita dall’essere umano, ho pensato: quale professione può mettermi in relazione con le persone? La parrucchiera. Ascoltare, toccare, guardare e creare: quattro verbi che permettono di realizzare! Da dove nasce l’esigenza di una performance: mi interessa la possibilità di affidarsi all’ascolto e al contatto sia per chi fa il gesto che per chi lo riceve. L’azione del taglio porta con sé molteplici significati, soprattutto in un momento come questo, dove il contatto è stato sospeso, il riaffidarsi ad esso attraverso un gesto muove sicuramente o la resistenza nel farlo o la necessità inconsapevole di affidarsi.
ELISABETTA ZAVOLI – “VELVET BUTTERFLIES”
Le waria sono donne transgender indonesiane. Questo nome usato nello slang indonesiano deriva dall’unione di due parole wanita (donna) e pria (uomo). Secondo quanto raccontano di loro stesse, le waria nascono in un corpo maschile ma, crescendo, sentono di avere un’anima femminile: alcune cercano di raggiungere la femminilità fisicamente, grazie a interventi chirurgici e cure ormonali, mentre altre non vogliono cambiare fisicamente e soddisfano la loro femminilità attraverso il trucco, l’abbigliamento e l’atteggiamento. Mami Yuli è una di queste. Quale straordinaria evoluzione ha attraversato Mami Yuli? È una sorta di trasformazione come quella dei bruchi che diventano farfalle: profonda, totale, irreversibile. Questa serie di immagini mira ad andare oltre le differenze culturali e geografiche, piuttosto cerca di indagare il processo interiore di trasformazione per realizzare la propria identità di genere.
“Tu, chi sei?” disse il Bruco. Questo non era l’esordio incoraggiante per una conversazione. Alice rispose, piuttosto timidamente: “Io… non saprei, signore, con esattezza, sul momento… o perlomeno so chi ero quando mi sono alzata stamattina; ma credo di essere cambiata diverse volte da allora”. “Con ciò che intendi dire?” disse il Bruco, severamente. “Spiegati!” “Io non mi posso spiegare, dolente, signore” disse Alice. (Lewis Carroll – Le avventure di Alice nel paese delle Meraviglie)
Elisabetta Zavoli è una fotografa documentarista riminese, freelance dal 2009. Ha vissuto per 10 anni tra Algeria e Indonesia, di cui 6 anni a Jakarta, dove ho documentato la vita quotidiana della comunità di donne transgender e lavorato su questioni ambientali riguardanti inquinamento, deforestazione e cambiamenti climatici. Nel 2016, vince insieme al collega Jacopo Pasotti, il “Journalism Grant for Innovation in Development Reporting” rilasciato dallo European Journalism Centre per il progetto “A fistful of shrimps”, sulla deforestazione degli ecosistemi di mangrovie Indonesiane indotti dai consumi occidentali di gamberi tropicali a basso costo. Nel 2019, la sua fotografia “The landfill midwife” vince l’Earth Photo Award rilasciato dalla Royal Geographical Society di Londra. Nel marzo 2021 vince il Picture of the Year International (POYi) con il progetto fotografico partecipativo “And in darkness you find colors” scattato durante il primo lockdown in Italia nel 2020 e successivamente premiato al Festival Cortona ONTHEMOVE 2021 con l’Happiness Award. Da oltre 5 anni ha una collaborazione permanente con la violinista Sara Michieletto, per la produzione di performance su tematiche ambientali. Zavoli è membro dell’ Overseas Press Club of America, della comunità fotografica internazionale Women Photograph e del collettivo internazionale @everydayclimatechange. E’ membro del database internazionale Her Wild Vision Initiative, che racchiude le fotografe e le filmaker che lavorano sulla conservazione e l’ambiente. E’ collaboratrice freelance del New York Times e di Getty Images. Nel settembre 2020, ha co-fondato la rivista online di ambiente Radar Magazine insieme ad altri 7 collegh* giornalist* scientific* Italian*.
VERA VERA – 10 EURO CENT (MONEY)
MONEY
“…E’ importante perché Venere è l’icona della Bellezza e la bellezza in qualche maniera è estremamente legata alla fortuna (denaro) di una persona. Chi nasce con la fortuna di essere bello oggi trova più facilmente lavoro e possibilità di scalare i gradini della società… Fatto sta che mio padre è un dottore di medicina estetica quindi fin da piccola l’ho sempre visto “abbellire” molte facce, modificando anche chi non doveva essere modificato, ma questa è un’altra storia… La Venere è la bellezza, la moneta è il denaro, la ricchezza, la fortuna… Questo oggetto lega le due simbologie proprio come nella realtà. Spezzare, storcere questo oggetto ha un significato.”
“…It is important because Venus is the icon of Beauty and beauty is in some way extremely linked to a person’s luck (money). Those who are born with the good fortune of being beautiful today can find more easily work and the possibility of climbing the ladder of society… The fact is that my father is a doctor of aesthetic medicine so from an early age I have always seen him “embellish” many faces, modifying even those who should not have been modified but this is another story… Venus is beauty, the “coin” is money, richness, luck… This object has a meaning.”
10 EURO CENT
La Bellezza di un volto cos’è? Cosa vale? Perché vale? Questi sono i punti interrogativi che si nascondo dentro una maschera preziosa. Icona nell’icona, effige sulle monete.
What is beauty in a face? Wath is worth? Why is valuable? These are the question marks that are hidden behind a precious mask. Icon in the icon, effigy on the coins.
*Opera di Vera Berardi in arte Vera Vera realizzata con monete che sono dei dissimili delle monete da 10 Centesimi italiane in quanto le opere sono realizzate in materiali (stagno/piombo/oro24kt) ed un procedimento completamente differenti dalle monete in uso ed utilizzate esclusivamente per finalità artistiche. L’opera è evidentemente difforme dalla moneta in uso perché piegata, morsata, spezzata o tagliata.
GIULIA CASALI – EN CYCLE PEDIA
Nei tempi ancestrali dell’umanità, presso i popoli primitivi, il sogno aveva una particolare importanza per la comprensione del mondo e della psiche. Si pensava fosse in rapporto con il mondo soprannaturale e che recasse rivelazioni da parte delle divinità, spesso per preannunciare il futuro. Se questa concezione profetica era in completa armonia con le antiche credenze prescientifiche, la volontà di indagare nelle profondità indecifrabili dell’inconscio è sempre stato motore dell’interesse umano. Memore dell’Interpretazione dei sogni e della teoria psicanalitica freudiana, Carl Gustav Jung attribuisce una simbologia universale alle pulsioni del piacere. La forza vitale, spontanea e passionale che porta a direzionarci verso il futuro, spesso sconnettendoci dal principio di realtà, possiamo ritrovarla agli albori della tradizione orale, nelle figure fiabesche e mitologiche di una qualsiasi cultura. A partire dall’analisi di questi racconti, comparati ai fenomeni onirici, Jung identifica l’inconscio collettivo come un insieme di modelli, definiti archetipi, che si ripetono ciclicamente nello spazio e nel tempo. Sebbene possano differenziarsi nel particolare, questi modelli conservano una struttura comune alla quale ognuno può ritrovarsi e sentirsi parte del tutto. En Cycle Pedia è un progetto personale che raccoglie in 25 libri d’artista alcuni sogni elaborati durante il periodo di isolamento. Seguendo il processo analogico dell’immaginazione attiva e del linguaggio dell’arte, ho portato una certa fantasia alla sua esasperazione, immaginandomi gli svolgimenti più improbabili. Come in un telefono senza fili, le illustrazioni si trasformano e si ripropongono sempre in maniera diversa, anche quando viene rappresentato più volte uno stesso soggetto. Ripetizione, emulazione ed accumulazione permettono di passare dall’annotazione del sogno in un taccuino ai frame di un corto d’animazione, fino ad approdare alla composizione di libri che si possono appendere, manipolare, leggere alla rovescia, guardare a testa in giù, collezionare. Distaccandosi sempre di più dal significato del sogno originario e arricchendosi costantemente di nuove significazioni, questi libri sono volti alle interpretazioni più bizzarre. Forse i sogni possano colmare la mancanza di stimoli a cui siamo sottoposti oggi. Forse molti di noi hanno ricominciato a sognare.
IRENE COCCOLI – CAMERETTA 1
L’installazione è il riadattamento di una camera da letto per bambini nella quale, tramite la rielaborazione delle sembianze e forme dei soggetti presenti, è mostrata una visione inquieta e surreale del periodo infantile, indagando una nuova estetica in cui il corpo e lo spazio si contaminano fra loro, creando un ambiente onirico e distorto in cui immergersi. “Cameretta 1” è la prima di una serie di installazioni, differenti fra loro, che espone alcuni oggetti rivisitati e bambole. La stanza è divisa concettualmente in tre sezioni che richiamano alcuni elementi personalmente simbolici della camera di un bambino: il letto, i giocattoli e le bambole. Gli oggetti vengono rielaborati e contaminati da elementi legati all’aspetto fisico ed identitario, mettendo cosi in evidenza il profondo rapporto fra oggetti, corpi e identità, spesso influenzati fra di loro specialmente nella fase infantile, in cui si crea un legame e una dialettica talvolta inconscia, che puo generare delle nuove forme estetiche libere da ogni canone preimposto, aiutando il bambino ad esprimere qualcosa di represso o incompreso, come nel caso delle bambole “Beatrici”, “Isabelle” e dell’opera “Buonanotte”. La sezione “bimbi diversità” presenta dei giocattoli vintage, alcuni da collezione, sui quali sono affisse delle maschere di vario genere che nascono da stimoli ed influenze del periodo infantile (dall’interesse per l’estetica e l’istinto animale, alla spiritualità cattolica) create con tecniche grezze e sperimentali, utilizzando diversi materiali non convenzionali. Questa sezione, pone l’accento sulla percezione umana ed emotiva dei bambini rispetto i giocattoli, spesso non considerati oggetti inanimati, ma vere e proprie identità da plasmare a propria immagine, o meglio, secondo ciò che in quel periodo vorrebbero essere o semplicemente li stimola.
ENRICO MONGIELLO
Studente di pittura all’accademia di Belle Arti di Urbino, negli anni ha cambiato direzione in ambito artistico, dalla pittura materica alla fotografia.
LAURA TURA – METAMORFOSI
Sono costantemente alla ricerca di una nuova immagine di me stessa, mossa dal bisogno di vedermi e mostrarmi sempre diversa. Questo si traduce in una continua manipolazione del mio corpo. Mi piace distorcerlo e giocare con la concezione che ho sempre avuto di esso, creando nuove bellezze artificiali che vanno al di là della natura considerata ordinaria. Il mio punto di partenza è un assioma: tutto è in continua mutazione, anche le persone. Io mi muovo da questo concetto e lo porto all’estremo giocando con l’infinità delle forme, creando personaggi al limite tra l’umano e il ‘disumano’. Utilizzo la digital art come mezzo per dar vita a queste figure distorte che spesso nascono spontaneamente nella mia mente.
CARLA ROSSI – SOGGETTO, NON OGGETTO
La nostra è una società strategicamente feticista, nella quale ogni individuo tende ad ancorarsi a oggetti e fenomeni ai quali attribuisce poteri rassicuranti: interroghiamo di continuo gli oggetti ed i nuovi oracoli tecnologici, chiedendo loro di colmare il nostro bisogno esistenziale di valore e rappresentanza. Nell’uomo moderno e tecnologico risorge un nuovo feticismo, che gli impone l’adorazione di immagini pop, di oggetti di moda e di personalità fittizie di natura mediatica, all’interno di una realtà mistificatoria che da tempo ha abbattuto il limite tra reale e virtuale. In questo contesto si collocano i lavori dell’esposizione, aventi come protagonisti gli idoli della contemporaneità: tecnologia, bellezza, costume e merci sono tutti aspetti che facilitano profondamente i rapporti con l’altro, colmando un personale senso di mancanza, e soddisfacendo il profondo bisogno di esistere oltre il limiti fisici del proprio corpo. Negli scatti, si osservano scenari per i quali non si ha una reazione pre programmata: qualcosa che sia al contempo estremamente grazioso e repulsivo. Il corpo e la psiche dei soggetti viene considerata in relazione all’ambiguità dei loro oggetti-totem, che non solo contribuiscono a plasmarne l’identità, ma ne rappresentano anche un’importante chiave di lettura. È così che la cosa da oggetto diviene soggetto, alter ego del suo proprietario, trasmettitore di memoria e prezioso interlocutore in cui si identificano e mescolano i tratti fondamentali di una personalità.
IRENE LANZETTI – USCITA DALL’EDEN
Il senso di vuoto che, in quanto esseri umani, ci caratterizza – scarto indispensabile e privilegiato per lasciare aperta la possibilità al cambiamento, al divenire noi stessi – è percepito nel nostro tempo come un tabù intollerabile, da sopprimere con l’imperativo sociale dell’appagamento sfrenato ad ogni costo. Questa frenesia diffusa, così simile a quella che anima la morsa della fame, altera i ritmi dello stomaco, ma divora nel silenzio della nostra intimità lo spirito e la mente, e cerca presso il corpo fisico il principale strumento col quale tentare l’inutile tentativo di estinguere questo senso di mancanza. Consumo allora, mi affogo, mi riempio, straripo, e poi mi annullo, mi sottraggo, sparisco, consumo, mi sottraggo, sparisco, consumo, mi sottraggo, sparisco. Dove sei, Me?
Uscita dall’Eden espone l’angoscia di una carne e di una personalità che ha perduto ogni principio di erotismo, carne nervosa, feroce e magmatica, che non sa godere, quasi entità astratta, incapace di relazionarsi col silenzio e l’assenza.
FEDERICAA – FREAKS
Freaks! Una condizione mentale e fisica. È un viaggio a ritroso attraverso l’alterazione permanente dei sensi, inizialmente psichici e poi fisici. Il pianto nello sguardo e le movenze sono continue, uno stato di coscienza privo di ogni equilibrio. La svestizione del corpo che causa senso di vergogna e avvilimento. La riscoperta continua della perdita. L’esigenza di riappropriarsi di uno spazio che non è mai stato individuale, la necessità della possessione è sovrana nell’essere umano. Il corpo come fonte di vergogna e di vita. La noncuranza della forma e la malcuranza delle opinioni. Freaks è ispirato all’omonimo film degli anni ’20 che vede protagonisti i cosiddetti ‘freaks on the leash’ i fenomeni da baraccone. Qui le donne vengono riportate con alterazioni evidenti del corpo, come a voler esagerare ciò che la società ci impone, dettagliando in maniera estrosa parti poco incisive rispetto a quello che la società ritiene rilevante.
COLLETTIVO X – LA STANZA DEGLI INSULTI
“How can i tell you. How can i convince you brother; sister, your life is in danger. That everyday you wake up alive you are committing a rebellous act”
L’INSULTO
Appena entri, la prima percezione che provi ti porta a soffermarti sul carico di merda che ti piomba addosso. Insulti omolesbotransfobici, misogini, razzisti, bodyshaming. È pressocchè impossibile che tu non venga in qualche modo colpito. Bene. Ora ti senti come noi ogni giorno.
I MURI DELL’ODIO
Il muro a destra raccoglie alcuni stralci della merda che negli anni la comunità lgbt+ si è vista riversare addosso dalla destra.
Il muro a sinistra raccoglie le versioni della “Mappa delle Intolleranze”; mappa voluta da VOX – Osservatorio italiano sui diritti, che fotografa l’odio via social.
LA COLAZIONE DI MERDA
Ogni mattina siamo costretti a pucciare tanto schifo dentro al cappuccino. Non è giusto. Non è giusto.
COMIZI D’AMORE
Interviste miste, testimonianze di una Bicicheccata Riminese a cura di Lora Doula Casadei.
ANCHE CASA NON E’ CASA
L’oppressione è fuori. Ma è anche dentro. A casa tua. Dove l’amore dovrebbe regnar sovrano, sulle pareti viene solo incorniciato odio. Dove rifugarti se sei privato anche del tuo porto sicuro?
I-POD
The Queer Nation Manifesto. Ecco, allora, forse, la salvezza. Quello che nell’inferno, forse, inferno non è. C’è un manifesto che parla anche di te. E ti dice che siamo in tanti, a sentirci come te.
HUMUS – LINFA
Nodi, snodi, trappole, ragionamenti, impigli, appigli… Questo periodo è ricco di intricate nuvole di idee, riflessioni, pensieri, scambi. Tutto da costruire ma subito da distruggere a causa di nuovi imprevisti ed inciampi: da arrotolare, intrecciare e tessere, ma subito dopo da sciogliere e slegare. Una ragnatela deve avere forti punti di ancoraggio, come delle radici, sempre stabili: questo aggancio può tenere assieme un enorme tappeto ed in Linfa questa si è rigenerata e divenuta altro. Adesso vogliamo manifestare visivamente i nodi, i punti d’attracco di una nave carica di emozioni, condivisione e dunque di corpi e presenze rimasti piacevolmente catturati.